IN OCCASIONE DELLA GIORNATA PER LE VITTIME DELLA STRADA, UN RACCONTO DI QUALCHE ANNO FA

Sono sopravvissuto ad un incidente stradale. So già cosa state pensando: “ti sei trovato in una brutta situazione, l’hai scampata per un pelo e ora hai voglia di raccontare la tua avventura”.

Non esattamente. Non mi è accaduto niente di particolare. O perlomeno, mi sono capitate le solite cose che succedono guidando: il vecchietto su una Panda e con il cappello in testa che entra nella rotonda convinto di avere la precedenza, il torinese che ti suona il clacson da dietro per farti capire che non è il caso di fermarsi al semaforo rosso se dall’altra parte non c’è nessuno, quello che ti sorpassa guardandoti con sufficienza perché fai solo i sessanta all’ora dove il limite è cinquanta, e via dicendo. In ogni caso niente per cui mi sia sentito in pericolo di vita.

E allora?

E allora è proprio questo il punto. Non ho mai avuto la sensazione di averla scampata, mentre invece avrei dovuto averla. In questi anni gli incidenti sono diminuiti, ci sono stati molti morti in meno; io potrei essere uno di quelli.

Perché io e non qualcun altro dei milioni di persone che percorrono le strade?

Non lo so. Ma qualcuno dovrà pur esserlo. Con l’aumento dei controlli con l’etilometro e con il parziale divieto di vendita degli alcolici dalle due di notte, ci sono stati centinaia morti in meno. Cosa altro può voler dire se non che molti maschi, femmine, giovani, vecchi, bambini…, che ora sono vivi, non lo sarebbero se non ci fosse stato questo calo degli incidenti. Le statistiche sono fatte di numeri, ma dietro ogni numero c’è una persona. Io vorrei essere una di quelle persone.

Avete mai visto qualcuno salutare con la mano dal finestrino dell’auto e ringraziare gli agenti sulla strada per essere sopravvissuto? No, perché siamo tutti convinti che siano gli altri ad essere a rischio di incidenti.

Le esperienze di “rinascita”, per un’alterazione dello stato di coscienza, incidenti o shock emotivi sono rare, per fortuna. Offrono, tuttavia, a chi le ha vissute una opportunità unica: aiutano a dare un senso vero a tutti i nostri affanni. Lo stress quotidiano, il denaro, la politica, le fabbriche di missili acquistano un significato diverso se visti con gli occhi di chi sa di essere scampato alla morte. Se coltivassimo la consapevolezza di essere tutti, in qualche modo, dei sopravvissuti potremmo avere migliore visione del mondo, senza dover passare dal trauma di un incidente (come minimo un grande spavento).

Non è una cosa da poco. Pensateci bene. Pensate, tutto quello che abbiamo fatto, immaginato, sperato, in poche parole vissuto, da allora in poi ci è stato “regalato”: da un controllo con l’etilometro o da due righe di una legge. Meglio che vincere al “Superenalotto” non ci sono dubbi. Non si deve nemmeno spendere un euro per la schedina e la posta in gioco è molto più alta.

Non serve nemmeno sapere come sarebbe potuto accadere. Del resto, quante volte passiamo vicino alla morte senza saperlo. Un virus, un fulmine, un ubriaco alla guida; trovarsi al posto sbagliato al momento sbagliato può capitare a tutti. Preferiamo non pensarci, perché l’idea di non avere il pieno controllo della nostra vita ci disturba. Dovremmo invece soffermarci a riflettere su quante volte la morte ci passa vicino, ci aiuterebbe ad apprezzare meglio la vita. Non sappiamo come e quando sia accaduto, ma sicuramente è accaduto.

Visto che non sappiamo chi sono i sopravvissuti, si potrebbe individuare, magari tirando a sorte, le persone che concretamente rappresentino quei sopravvissuti. Io ci sono già. Già che ci siamo si potrebbe fondare un’associazione; con incarichi e cene sociali, adesivi e quant’altro. Un’ottima scusa per uscire la sera. Immaginatevi, poi, che allegria quando ci si incontra.

Fonti:modavi.it; Roberto Argenta – Rassegna stampa vino, birra e altri alcolici del 15.11.15